Sanità in Calabria, le carenze e il paradosso dei Piani di rientro
Tra il 2008 e il 2017, la regione ha perso circa il 16% del suo personale, con tagli particolarmente pesanti tra i medici e gli infermieri

La Calabria continua a fare i conti con gravi difficoltà nel settore sanitario, una situazione che si è aggravata nel corso degli anni nonostante l'attivazione di Piani di Rientro pensati per risanare i bilanci. Questi piani, che dal 2007 sono stati implementati in diverse regioni con disavanzi sanitari, hanno avuto ripercussioni significative sulla qualità dei servizi offerti, creando una netta disparità tra le diverse aree del paese.
I Livelli essenziali di assistenza (Lea), una sfida non vinta
I Lea, che rappresentano l'insieme delle prestazioni sanitarie che ogni cittadino dovrebbe ricevere gratuitamente o con il pagamento di un ticket, sono l’indicatore fondamentale per misurare la qualità del sistema sanitario. A queste prestazioni appartengono vaccinazioni, screening oncologici, visite mediche, ricoveri e interventi chirurgici, tutti servizi che dovrebbero essere garantiti uniformemente su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, i dati più recenti, aggiornati nel febbraio 2025, confermano che la Calabria è tra le otto regioni italiane che non rispettano i livelli minimi previsti. La situazione è particolarmente critica nelle aree della prevenzione, dell’assistenza territoriale e di quella ospedaliera.
VIDEO
Le conseguenze dei piani di rientro in Calabria
Entrata nel Piano di Rientro nel 2009, la Calabria non ha ottenuto i risultati sperati. Le politiche di contenimento dei costi, come il blocco del turnover del personale sanitario fino al 2019, hanno portato a una riduzione drammatica del numero di medici, infermieri e altri professionisti sanitari. Tra il 2008 e il 2017, la regione ha perso circa il 16% del suo personale, con tagli particolarmente pesanti tra i medici e gli infermieri. Questo ha avuto un impatto diretto sulla qualità dei servizi, rendendo difficile garantire una risposta adeguata alle necessità dei pazienti, soprattutto nelle aree rurali e periferiche.
Un sistema in sofferenza
Uno degli effetti collaterali più evidenti del Piano di Rientro in Calabria è stato il forte ridimensionamento dei posti letto ospedalieri. Rispetto alla media nazionale, la regione ha visto eliminato un numero maggiore di posti letto, con una riduzione del 27% rispetto ad altre regioni. La carenza di posti letto per acuti e post-acuti è particolarmente critica, con la Calabria che si trova sotto la soglia minima di letti per 1.000 abitanti. La situazione è ulteriormente complicata dalla difficoltà di introdurre nuove prestazioni sanitarie, soprattutto quelle più innovative. La Calabria non ha potuto accedere a trattamenti avanzati, come la radioterapia stereotassica o la tomografia ottica computerizzata, che potrebbero fare la differenza nella diagnosi e nel trattamento di malattie gravi come il cancro. Questo ha reso i cittadini calabresi costretti a rivolgersi ad altre regioni, accentuando il fenomeno della "fuga dalla Calabria" per motivi di salute.
Una regione che paga di più e ottiene di meno
La difficoltà nella gestione sanitaria ha avuto anche ripercussioni sul piano fiscale. Le regioni in Piano di Rientro, tra cui la Calabria, sono obbligate ad aumentare la pressione fiscale locale per compensare il disavanzo sanitario. Ciò significa che i cittadini calabresi si trovano a pagare più tasse, come l'addizionale regionale sull'Irpef, pur continuando a subire disservizi e a non avere accesso ai livelli di cura garantiti in altre regioni. Il fallimento dei Piani di Rientro in Calabria non è solo una questione di bilanci in rosso. Si tratta di un sistema che non riesce a garantire a tutti i cittadini gli stessi diritti di cura e assistenza, creando disuguaglianze evidenti tra il Nord e il Sud del paese. Le responsabilità di questa situazione vanno cercate nell'incapacità delle amministrazioni locali di gestire il sistema sanitario in modo efficiente, ma anche nella mancanza di un sistema di governance che permetta di superare le inefficienze strutturali. La Calabria, come altre regioni del Sud, ha bisogno di interventi urgenti e di una visione strategica che permetta di risolvere i problemi strutturali della sanità, restituendo ai cittadini quel diritto fondamentale alla salute che oggi, purtroppo, viene compromesso da anni di cattiva gestione e tagli indiscriminati.