Cannabis light sotto attacco, ma la filiera resiste: in cento sfidano il governo a Bologna
Alla fiera Indica Sativa Trade imprenditori in campo nonostante il decreto sicurezza: tra sequestri e accuse di droga, il settore rilancia e punta alla Corte Costituzionale per difendere 30 mila posti di lavoro

La fiera della disobbedienza: Indica Sativa Trade sfida il decreto Meloni
Dal 11 al 13 aprile, l’Unipol Arena di Bologna ospita Indica Sativa Trade, la fiera più importante del settore cannabis light. Nonostante la recente approvazione del decreto sicurezza da parte del governo Meloni, che equipara le infiorescenze di canapa legale alle sostanze stupefacenti, oltre cento imprenditori hanno deciso di partecipare all’evento. Tra questi anche la stessa Indica Sativa Trade, realtà simbolo della filiera. Il rischio è concreto: sequestri, denunce, incriminazioni per droga. Ma gli operatori non si fermano, motivati dalla volontà di difendere un comparto economico che coinvolge circa 30.000 lavoratori in tutta Italia.
La strategia legale: verso la Corte Costituzionale
A sostenere la scelta degli imprenditori sono esperti legali come Carlo Alberto Zaina, Giacomo Bulleri e lo studio Miglio-Simonetti, che invitano alla resistenza legale. Il documento L’illusione dell’illegalità sottolinea come la normativa non cambi il quadro giuridico sostanziale: la Cassazione, con la sentenza n. 30475 del 2019, ha già stabilito che senza effetto drogante non si configura reato. L’obiettivo, ora, è portare la questione davanti alla Corte Costituzionale, per smascherare l’illegittimità di una norma che – secondo gli avvocati – presenta profili di illogicità giuridica.
Filiera compatta, governo in silenzio
In risposta al decreto, le aziende non solo non si tirano indietro, ma rilanciano, partecipando in massa alla fiera e costituendo fondi legali comuni. Associazioni come Canapa Sativa Italia, Sardinia Cannabis e Resilienza Italia Onlus stanno lavorando a ricorsi al TAR, richieste di risarcimento e azioni in sede europea. Il governo, accusato di voler spaventare le imprese con un provvedimento punitivo, resta finora in silenzio. La sfida si gioca sul filo del diritto, ma anche sul futuro di un’intera economia verde a rischio cancellazione.