Giovani agricoltori, un motore per l’Italia. Ma la Calabria è ancora ferma al palo
Secondo il Rapporto 2024 “Giovani e Agricoltura” dell’ISMEA, le imprese agricole condotte da under 35 sono appena il 7,5% del totale nazionale (703.975 aziende), ma generano il 15% del valore complessivo del settore

In un Paese sempre più anziano e schiacciato dal declino demografico, i giovani che scelgono di investire in agricoltura rappresentano una risorsa strategica, un motore economico e sociale da non sottovalutare. Secondo il Rapporto 2024 “Giovani e Agricoltura” dell’ISMEA, le imprese agricole condotte da under 35 sono appena il 7,5% del totale nazionale (703.975 aziende), ma generano il 15% del valore complessivo del settore. In altre parole: pochi, ma decisivi. Non solo. Le aziende giovanili producono in media 82.500 euro annui, contro i 50.000 delle aziende “tradizionali”. Una differenza del +65%, che si spiega con dimensioni maggiori, propensione all’innovazione e investimenti costanti: il 48% dei giovani agricoltori ha investito nel 2023, a testimonianza di una visione imprenditoriale moderna, orientata alla qualità e al valore aggiunto. L’Italia brilla anche nel confronto europeo: le imprese agricole giovanili italiane generano un valore per ettaro pari a 4.500 euro, il doppio della media UE e superiore persino ai colleghi francesi, tedeschi e spagnoli. Un risultato legato alla specializzazione in filiere di eccellenza come ortofrutta, viticoltura e floricoltura.
Una Calabria che arranca
Tutto bene, allora? Non proprio. Se da un lato il dato nazionale mostra la resistenza dell’agricoltura giovanile (in calo “solo” dell’8,5% dal 2018, contro una media del -12,4% negli altri settori), dall’altro la distribuzione territoriale racconta un’altra storia. Ed è una storia che, ancora una volta, vede la Calabria arrancare. Nel 2024, le Regioni con la più alta concentrazione di giovani imprese agricole sono la Sicilia, con 6.237 imprese, seguita da Puglia (5.463), Campania (5.176), Veneto (3.681) e Piemonte (3.549). In Calabria, invece, le imprese agricole condotte da under 35 sono poco meno di 3.000, un dato che non solo la tiene fuori dalle prime posizioni, ma conferma anche un ritmo di crescita troppo lento rispetto al potenziale della regione. Il calo negli ultimi cinque anni è netto e preoccupante, al pari di altre regioni in crisi come Molise, Basilicata e Umbria. Eppure il potenziale c’è. La Calabria è terra di eccellenze agricole, di biodiversità, di coltivazioni a forte valore identitario. Ma i giovani fanno fatica a insediarsi, scoraggiati da costi dei terreni inaccessibili, burocrazia asfissiante e difficoltà di accesso al credito, aggravate dal rialzo dei tassi d’interesse.
I bandi europei
Ma c’è di più. Anche i bandi e le misure europee – come il PSR (Programma di Sviluppo Rurale) e il “Pacchetto Giovani” – che sulla carta dovrebbero sostenere i giovani agricoltori, spesso si rivelano inefficaci nella realtà calabrese. Le graduatorie restano bloccate per mesi (se non anni), i fondi vengono erogati in ritardo o con criteri poco trasparenti, e chi ha avviato investimenti sulla base di una promessa regionale rischia di trovarsi con mutui aperti e contributi mai arrivati. È un sistema che anziché accompagnare e facilitare, soffoca, rallenta e scoraggia. In un contesto già fragile, l’inefficienza istituzionale diventa un macigno insostenibile. Il risultato è che, mentre in altre regioni del Sud l’agricoltura giovanile resiste o addirittura cresce – come in Abruzzo, Veneto, Trentino e Friuli – in Calabria il ricambio generazionale resta un miraggio. Il lavoro dei giovani in agricoltura non è solo importante: è vitale. Ma per farlo fiorire anche in Calabria, serve molto più che un bando a scadenza. Servono terra, strumenti, credito, visione. E soprattutto la volontà politica di trasformare le potenzialità in opportunità reali. Altrimenti la Calabria continuerà a essere la regione delle grandi occasioni perdute.