Palazzo di Giustizia Catanzaro
Tribunale Catanzaro

Tutti gli imputati coinvolti nel processo abbreviato denominato "Scirocco", relativo ai presunti illeciti nella gestione della depurazione, sono stati assolti. La sentenza è stata emessa dal Gup di Catanzaro, Arianna Roccia.

Gli imputati

Gli imputati assolti sono l'ingegnere Daniele Nisticò, difeso dall'avvocato Antonio Lomonaco, e Tommaso Agretto e Andrea Cannistrà, assistiti dall'avvocato Giovanni Merante. I tre erano ex dipendenti della società "Mke", che si occupa della manutenzione e dei lavori sugli impianti di depurazione delle acque civili e industriali, nonché delle reti fognarie.

Il processo

Il processo era il risultato di un'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Catanzaro e riguardava principalmente presunti illeciti nella gestione degli impianti di depurazione gestiti dal gruppo Minieri, che operava non solo in Calabria, ma anche in Emilia-Romagna, Basilicata e Sicilia, gestendo oltre 500 impianti.

Le accuse mosse durante il processo riguardavano principalmente la mancata manutenzione degli impianti, la gestione illegale dello smaltimento dei fanghi e dei liquami. La pubblica accusa aveva richiesto la condanna di Agretto e Cannistrà, rispettivamente, a due anni e a un anno e quattro mesi di reclusione, mentre per Nisticò era stata chiesta l'assoluzione.

Il Processo Scirocco ha avuto luogo nell'ambito di un'inchiesta giudiziaria focalizzata sulle presunte irregolarità nella gestione della depurazione delle acque in Calabria, ma anche in altre regioni italiane, come l'Emilia-Romagna, la Basilicata e la Sicilia. Il caso ha messo in evidenza una serie di problematiche relative alla gestione degli impianti di depurazione e alla gestione dei rifiuti, che hanno coinvolto diverse persone, tra cui ex dipendenti della società Mke, responsabile della manutenzione degli impianti e delle reti fognarie.

Questo processo ha suscitato l'interesse dell'opinione pubblica non solo per la gravità delle accuse, ma anche per il coinvolgimento della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Catanzaro, che ha avuto un ruolo di primo piano nell'inchiesta. La connessione con il crimine organizzato ha aggiunto un ulteriore strato di complessità e attenzione a un caso che toccava temi sensibili, come la tutela dell'ambiente, la gestione delle risorse pubbliche e la corruzione nelle amministrazioni locali. In questo contesto, è importante analizzare il processo, esaminando le accuse, i principali sviluppi, e le implicazioni di un caso che ha scosso il sistema della gestione ambientale nella regione.