Al termine "verifica" di governo preferisce "confronto" ma l'obiettivo non cambia: rilanciare l'agenda dell'esecutivo per definire priorità comuni da qui alla fine della legislatura. Ed è con questo obiettivo che, nonostante le continue tensioni e il deflagrare del "caso Fioramonti", Giuseppe Conte si avvia a finire il 2019. E, soprattutto, ad affrontare un inizio del 2020 che si preannuncia caldissimo. Ma il premier guarda al futuro, nella consapevolezza che al Paese serva quella stabilità che l'Italia stessa chiede.

Concetto, quest'ultimo, che Conte potrebbe rimarcare nella conferenza stampa di fine anno prevista nella mattinata a Villa Madama. Il presidente del Consiglio arriva al tradizionale appuntamento di fine anno sulla scia di una nuova ondata di polemiche, innescate dall'addio di Lorenzo Fioramonti al Miur.

Un addio sul quale non si è ancora espresso sebbene, dal governo, non siano mancati netti segnali di disappunto nei confronti del ministro uscente. Il premier, tuttavia, non ha intenzione di rinfocolare polemiche: il suo obiettivo è chiudere la partita al più presto (già nelle prossime ore, secondo alcuni rumors parlamentari), affidando il ministero ad un profilo di area pentastellata e disinnescando sul nascere eventuali tensioni che potrebbero emergere se il Pd, magari dopo una vittoria alle Regionali, decidesse di puntare proprio al ministero dell'Istruzione come effetto di un riequilibrio delle forze di maggioranza. Conte sta già vagliando - in contatto con i capi delegazione - una rosa dei possibili successori. E i nomi che stanno circolando nei palazzi della politica non sono tanti.

Due sembrano essere in primo piano: l'attuale sottosegretario all'Istruzione Lucia Azzolina e il sottosegretario allo stesso ministero nel governo Conte 1 Salvatore Giuliano. La prima è una deputata siciliana, dirigente scolastico e, titolare "de facto" del decreto salva-precari.

Il secondo è stato il candidato M5S al ministero dell'Istruzione alle elezioni del 4 marzo. Un po' indietro i nomi di Francesco D'Uva e Nicola Morra. Di certo, sui profili in corsa pesa anche il gradimento all'interno dei 5 stelle. Sulla scelta del successore di Fioramonti non potrà non contare anche il parere di Luigi Di Maio. Quello stesso Di Maio che guarda con un certo distacco alla possibilità di gruppi contiani alla Camera e al Senato, che potrebbero essere guidati, secondo insistenti indiscrezioni parlamentari, proprio da Fioramonti. Quella del Miur non è l'unica gatta da pelare sulle spalle di Conte: nel 2020 il primo nodo da sciogliere sarà quello sulla prescrizione.

La proposta presentata dal Pd oggi smonta, parzialmente, la riforma Bonafede e delimita, anche rispetto a Iv, il campo da gioco dei Dem. Il Guardasigilli però tira dritto, forte del fatto che dal 1/o gennaio la nuova prescrizione entrerà in vigore. Ma il rischio è che la proposta Pd spacchi la maggioranza in Parlamento: per questo Conte è chiamato a trovare un punto di caduta al più presto, provando a chiudere la partita nel vertice di governo previsto il 7 gennaio. Con un punto che il premier già ha più volte sottolineato: l'entrata in vigore della riforma Bonafede produrrà effetti concreti non prima di 2-3 anni. La giustizia sarà solo uno dei temi dell'agenda che Conte ha in mente di stilare partendo dai 29 punti del programma iniziale di governo. Sblocco dei cantieri, investimenti "green", risorse al Mezzogiorno, una riforma organica del fisco sono solo alcune delle priorità che il premier vorrebbe vedere nero su bianco. Il rischio, tuttavia, è che il confronto diventi l'ennesimo terreno perché ogni forza metta la sua bandierina. Ma su questo punto la linea di Conte è chiara: il governo ha un orizzonte e un senso se si mette subito al lavoro per il Paese.