"Malgrado le minacce le violenze che ho subito, ho deciso di fare il mio dovere, che è quello di raccontare. Ho perso la libertà fisica, ma non quella di pensiero. Il nostro ruolo è fare in modo che nessuno possa dire 'io non lo sapevo'". Il giornalista Paolo Borrometi, sotto scorta dal 2014 per le minacce subite, si é raccontato a Vibo Valentia nel corso della prima giornata del festival "Leggere&Scrivere".  "Seguo l'esempio del giornalista de L'Ora Giovanni Spampinato, che venne trucidato a Ragusa nel 1972 ma che nessuno oggi ricorda", ha aggiunto Borrometi, nel corso di una intervista.  "Qui in Calabria - ha detto ancora - ci sono bravi colleghi. Penso a Michele Albanese, che vive anche lui sotto scorta per avere fatto il suo dovere. Due anni dopo l'uccisione a Malta di Daphne Galizia, non possiamo far finta di non vedere. Ma c'è un modo per lottare contro la mafia: fare squadra. La mafia è violenza, ma l'isolamento è responsabilità di tutti noi".