Il futuro (virtuale) secondo l’assessore "giapponese" Calabrese
Il progetto Mirai parla di creare nuove opportunità lavorative. Ma quali?

In Calabria non si lavora, ma si sogna. E da oggi si sogna anche in giapponese. Si chiama infatti “Mirai – Insieme creiamo il futuro” il nuovo progetto partorito dal Dipartimento Lavoro della Regione Calabria, presentato in pompa magna in Cittadella. Il nome è tutto un programma, anzi un manga: “mirai” in giapponese significa futuro, ed è proprio lì che l’assessore regionale Giovanni Calabrese ci invita ad andare. Peccato che, come spesso accade dalle nostre parti, il futuro resti sempre un miraggio, e nel presente restano invece le solite chiacchiere, le promesse da campagna elettorale permanente e la cronica assenza di posti di lavoro reali.
Il marchio fumoso dell'occupazione
Del resto, non è la prima volta che l’assessore Calabrese tenta di vendere fumo col marchio “occupazione”. Solo pochi giorni fa, lo abbiamo visto salire a bordo del suo truck da campagna, parcheggiato in Piazza dei Bruzi, per promuovere “C’è Posto per Te”, l’ennesima fiera delle illusioni dove si parlava di 900 posti di lavoro offerti da 30 aziende. Studenti, workshop, selfie istituzionali, qualche curriculum raccolto e via, la carovana è ripartita verso nuove tappe, lasciando dietro di sé poco più di una locandina. Una specie di circo itinerante del precariato, condito da slogan motivazionali e tanto entusiasmo... tutto rigorosamente a spese nostre.
E oggi, dopo il tour “c’è posto (forse) per te”, arriva la nuova puntata: Mirai, il futuro made in Calabria-san. L’assessore, ormai sempre più personaggio da anime giapponese, ci racconta che con questo progetto si cambia tutto. Che i Centri per l’Impiego, notoriamente deserti e inutili, adesso sono “strategici” (così dice lui) e che “la Calabria non è più ripiegata su sé stessa”. Peccato che i numeri dicano tutt’altro: disoccupazione giovanile al top in Europa, emigrazione alle stelle, e un’intera generazione costretta a prendere treni e voli per scappare da una terra che continua a promettere e mai a mantenere.
I Cpi nelle scuole
L’idea – manco a dirlo – è quella di “portare i Cpi nelle scuole” per “orientare” i ragazzi. Ma orientare verso dove? Verso lo sportello del reddito di cittadinanza (che non c’è più)? Verso un bando che non si aprirà mai? O forse verso l’aeroporto per volare verso un vero futuro, magari in Giappone?
Nel frattempo, l’assessore Calabrese-san – che ormai pare parlare più con Google Translate che con la realtà – ci informa che sono stati “raggiunti” quasi 10.000 studenti. Ma raggiunti da cosa? Da una slide? Da una mail? Da un volantino? Perché di posti di lavoro veri nemmeno l’ombra. Si parla invece di “presa in carico”, di “profilazione”, di “formazione digitale breve” – insomma, parole belle, vaghe e totalmente inutili. La sostanza è che ai giovani calabresi non serve un altro “laboratorio di orientamento”, ma un lavoro vero. E possibilmente qui, non a Tokyo.
Gli stati generali del lavoro
E mentre il progetto Mirai continua a suonare come una gigantesca illusione ottica, il nostro assessore gira la Calabria come un venditore di fumo orientale, raccontando favole a ogni angolo. E per concludere in bellezza, annuncia gli “Stati Generali del Lavoro”, il 12 maggio, dove i ragazzi potranno “raccontarsi” – sì, perché in Calabria ormai si lavora solo raccontando. E se sei fortunato, magari vinci pure un premio per aver espresso bene le tue aspirazioni e paure. Altro che busta paga.
Un futuro farsa
Caro assessore Calabrese, il “futuro” che lei continua a promettere ha già stancato. Sarà pure “mirai” in giapponese, ma per noi calabresi continua a essere una farsa, e anche un po’ offensiva. Perché dietro ogni slogan esotico, restano migliaia di ragazzi senza prospettive, famiglie abbandonate e territori dimenticati.
Altro che Mirai カラブリア. Qui serve meno giapponese e più realtà. E magari, per una volta, qualche posto di lavoro vero.