Per troppo tempo, nel discutere di sanità, l’attenzione si è concentrata quasi esclusivamente sulle risorse economiche, certamente importanti e necessarie, ma insufficienti da sole per affrontare le criticità di un sistema che necessita di riforme strutturali. A sottolinearlo è il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, che in una recente intervista ha evidenziato un nodo cruciale: il lavoro in sanità, in particolare la difficoltà crescente nel reperire medici disposti a operare in settori chiave come l’emergenza-urgenza.

Allarme nazionale con radici locali

La Calabria è solo un esempio emblematico di una crisi che attraversa l’intero Paese. In questa regione, gli sforzi per reclutare personale medico si moltiplicano: bandi pubblicati ogni mese, manifestazioni di interesse, campagne di sensibilizzazione. Eppure, i risultati restano deludenti. Dei 159 medici richiesti per il settore dell’emergenza-urgenza, appena 13 hanno risposto. Una situazione analoga si registra per le guardie mediche nelle zone interne, dove la carenza è ancora più drammatica: a fronte di un fabbisogno di 574 medici, solo 28 candidature sono arrivate a novembre e 16 a dicembre.

Le zone interne, frontiera invisibile della sanità

La difficoltà di attrarre personale medico nelle zone interne è un problema che supera i confini calabresi, interessando tutta l’Italia. Sono aree dove spesso i servizi sono ridotti all’osso, gli spostamenti complessi e il lavoro del medico assume una dimensione di straordinaria difficoltà e responsabilità. Questi fattori, uniti a condizioni contrattuali poco attrattive e alla pressione lavorativa, contribuiscono a rendere queste posizioni poco appetibili.

Specializzandi e nuove strategie: soluzione tampone o nuova visione di futuro?

Di fronte a queste difficoltà, la Calabria ha deciso di ampliare il bacino dei potenziali candidati includendo anche gli specializzandi. È una scelta che dimostra la volontà di affrontare il problema con pragmatismo, ma che solleva interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine. Coinvolgere i giovani medici in formazione può essere una soluzione temporanea, ma rischia di scaricare su di loro il peso di un sistema che richiede interventi più profondi.

Valorizzare il lavoro in sanità

La situazione richiede un cambiamento culturale e politico che riporti il lavoro dei medici al centro del dibattito. Migliorare le condizioni di lavoro, prevedere incentivi per chi sceglie di operare nelle aree più svantaggiate e rendere la professione più attrattiva sono passi imprescindibili. Questo non significa soltanto stanziare risorse economiche, ma anche ripensare il modello organizzativo e contrattuale della sanità italiana.

Un appello al futuro

La Calabria, con il suo impegno continuo nel pubblicare bandi e coinvolgere nuovi professionisti, rappresenta un banco di prova per tutto il sistema sanitario nazionale. Se non si interviene in modo strutturale e coordinato, il rischio è che il divario tra le aree più servite e quelle meno raggiungibili si acuisca ulteriormente, lasciando molte comunità senza un accesso adeguato alla salute.

Quella sollevata da Occhiuto non è una semplice denuncia, ma un appello urgente a riformare il sistema sanitario, partendo proprio da chi lo rende possibile: i medici e gli operatori sanitari.