Tribunale
Aula di Tribunale

Il secondo processo "Gotha", celebrato con rito abbreviato davanti alla Corte d'Appello di Reggio Calabria, si è concluso con quattro condanne rideterminate, tre assoluzioni e una prescrizione.

Il processo

Il processo “Ghota” , che ha preso avvio da un'indagine della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) coordinata dai carabinieri del ROS, ha riguardato non solo l'ala militare delle cosche di Reggio Calabria, ma anche quella che è stata definita la "struttura riservata" della 'ndrangheta. La sentenza è stata emessa nella tarda serata di ieri dal presidente Alfredo Sicuro, coadiuvato dai giudici Giuseppe Perri e Cristina Foti.

Tra i principali imputati, Giorgio De Stefano, avvocato ritenuto uno dei capi della 'ndrangheta reggina, ha visto ridurre la sua pena da 15 anni e 4 mesi a 10 anni di reclusione. Nel primo processo, infatti, De Stefano era stato condannato come uno dei principali dirigenti del clan, ma la Corte di Cassazione, nel 2022, aveva annullato quella sentenza, richiedendo un nuovo processo. 

La Cassazione

Secondo la Cassazione, era "illogico" ritenere che De Stefano potesse appartenere sia alla struttura "invisibile" della 'ndrangheta, sia a quella visibile ed operativa come capo della cosca omonima. I giudici di appello hanno quindi confermato che De Stefano fosse parte dell'associazione mafiosa, ma non il promotore, come inizialmente sostenuto, riducendo di fatto la sua condanna. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni.

Tre imputati sono stati assolti: l'ex sindaco di Villa San Giovanni, Antonio Messina, l'imprenditore Emilio Angelo Frascati e Lorena Franco. La Franco e Messina, accusati rispettivamente di corruzione e di essere legati alla mafia, sono stati assolti con la formula "perché il fatto non sussiste". In particolare, per Frascati, che nel primo grado di giudizio era stato condannato a 8 anni di carcere per associazione mafiosa, la Corte ha deciso l'assoluzione "per non aver commesso il fatto".

Inoltre, la pena per altri tre imputati è stata ridotta: Roberto Franco (da 12 anni a 8 anni), Domenico Marcianò (da 8 a 6 anni) e Antonino Nicolò (da 3 a 2 anni). Infine, per Giovanni Pellicano, accusato di estorsione (poi riqualificata in minaccia grave), la Corte ha dichiarato che non doveva procedersi per il reato, in quanto il termine di prescrizione era scaduto dopo l'esclusione dell'aggravante mafiosa.