Un periodo di prova, cinque test superati, Federica arriva all’ultimo step di un colloquio che poteva prometterle un futuro in un momento così incerto. Al momento della firma però, Federica, che di anni ne ha 27, ha dovuto “prendere coraggio”.

Il coraggio di dover dire al proprio futuro datore di lavoro di essere incinta. Il coraggio di dover rischiare una porta sbattuta in faccia ed affidarsi alla buona coscienza di chi in quel momento ci sta giudicando, ci è davanti e deve garantirci che non verrà scartata per aver scelto di mettere al mondo una vita.

E se la notizia che fa scalpore è il buon senso di un titolare, in questo caso Simone Terreni, di Voipvoice, bisogna interrogarsi sul punto in cui si è arrivati oggi, per rimanere stupiti dall’assunzione di una donna in gravidanza.

Il destino di Federica poteva essere diverso, uguale a quello di tantissime altre donne che vengono sbattute fuori dalla propria azienda con scuse infondate, o alla quale non viene rinnovato un contratto precario dopo i tre, quattro mesi di gravidanza. Nella maggior parte dei casi, queste donne sono costrette a sacrificare la propria individualità per far fronte ad una società ancora fortemente patriarcale, che le colloca all’ultimo gradino della scala.

Non a caso sono allarmanti i dati che indicano come queste “mamme equilibriste” debbano sopravvivere a condizioni disumane ed umilianti: congedi di maternità e indennità valevoli solo su carta, che lasciano la parola a titolari di aziende private che, se da un lato devono far fronte al peso delle tasse impossibili sui dipendenti, dall’altro non vogliono sopportare il “fardello” di un pancione all’interno della loro impresa.

Una notizia che, se da un lato ci fa sorridere, dall'altro ci pone di fronte a quello che è attualmente lo scenario italiano in merito a ciò che è il futuro di queste giovani mamme.


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