Guerra in Ucraina, l'aumento al 2% del Pil per la spesa delle armi
“Va bene l’aiuto, ma le armi creano non poche perplessità e punti interrogativi di non poco rilievo” inveisce Biagio Maimone, fondatore della corrente di pensiero nuovademocrazia.it, condannando aspramente le decisioni del governo di “contribuire alla spesa bellica" in riferimento alla guerra in Ucraina, essendo che "l’Italia vive in un grave stato di difficoltà economica”.
L’appello del giornalista è a nome di tutti gli italiani che “non vogliono fare la guerra” e sono contrari all’aumento dei costi per il finanziamento di armi. “Sì alle missioni di pace, si al dialogo” afferma, mirando sul fatto che il governo dovrebbe, prima di tutto, agevolare la popolazione italiana che sta vivendo un grave stato di disagio economico, anziché spendere il 2 per cento del Pil per l’acquisto di armi al fine di aiutare l’ Ucraina.
In Senato, infatti, si sta discutendo la questione degli armamenti, che si sposterebbe all’interno del Documento di economia e finanza, di cui il governo è pronto a varare già questa settimana.
Avvicinandosi all’ipotesi del voto di fiducia al Senato, si escluderebbe la possibilità di presentare l’ordine del giorno sulla conferma dell’aumento degli armamenti al 2% del Pil, come da accordi Nato.
Secondo l’Osservatorio Mil€x, che ha quantificato la spesa giornaliera, si parlerebbe di un ammontare di 104 milioni di euro dai 68 attuali.
Decisione che ha non pochi oppositori ma che genera parecchie situazioni controverse: a tal proposito il leader del M5S, Giuseppe Conte: “Gli impegni presi con la Nato non li mettiamo in discussione, ma non possono essere onorati ora dopo due anni di pandemia e con la crisi energetica in atto” ha replicato al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Proprio l’ex premier, però, a un vertice Nato nel 2019 sottoscrisse l’accordo per l’aumento al 2 per cento. Situazione che attualmente fa storcere il naso al ministro degli Esteri, Luigi di Maio, il quale afferma che il Movimento è «una forza di governo che deve saper rispettare gli impegni, in linea con la sua collocazione. Che per me è chiara».
Il dietrofront dell'ex Presidente del Consiglio, infatti, andrebbe contro i fondamenti del governo Draghi «atlantista ed europeista».
Bisogna considerare, infatti, che la Nato lo aveva già dichiarato: entro il 2024 tutti i paesi che fanno parte dell’Alleanza devo investire il 2% del Pil nelle spese militari. L'Italia aveva programmato quell' obiettivo per il 2027, ma l'attuale guerra in Ucraina non ha fatto altro che movimentare e velocizzare di più tale richiesta.
Al fine di moderare tali decisioni e poter scendere ad un giusto compromesso per le tasche italiane, verrà fissato un accordo per partito M5S con il presidente Draghi “già nelle prossime ore” – afferma il capogruppo della Lega, Riccardo Molinari.
L’appello del giornalista è a nome di tutti gli italiani che “non vogliono fare la guerra” e sono contrari all’aumento dei costi per il finanziamento di armi. “Sì alle missioni di pace, si al dialogo” afferma, mirando sul fatto che il governo dovrebbe, prima di tutto, agevolare la popolazione italiana che sta vivendo un grave stato di disagio economico, anziché spendere il 2 per cento del Pil per l’acquisto di armi al fine di aiutare l’ Ucraina.
In Senato, infatti, si sta discutendo la questione degli armamenti, che si sposterebbe all’interno del Documento di economia e finanza, di cui il governo è pronto a varare già questa settimana.
Avvicinandosi all’ipotesi del voto di fiducia al Senato, si escluderebbe la possibilità di presentare l’ordine del giorno sulla conferma dell’aumento degli armamenti al 2% del Pil, come da accordi Nato.
Secondo l’Osservatorio Mil€x, che ha quantificato la spesa giornaliera, si parlerebbe di un ammontare di 104 milioni di euro dai 68 attuali.
Decisione che ha non pochi oppositori ma che genera parecchie situazioni controverse: a tal proposito il leader del M5S, Giuseppe Conte: “Gli impegni presi con la Nato non li mettiamo in discussione, ma non possono essere onorati ora dopo due anni di pandemia e con la crisi energetica in atto” ha replicato al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Proprio l’ex premier, però, a un vertice Nato nel 2019 sottoscrisse l’accordo per l’aumento al 2 per cento. Situazione che attualmente fa storcere il naso al ministro degli Esteri, Luigi di Maio, il quale afferma che il Movimento è «una forza di governo che deve saper rispettare gli impegni, in linea con la sua collocazione. Che per me è chiara».
Il dietrofront dell'ex Presidente del Consiglio, infatti, andrebbe contro i fondamenti del governo Draghi «atlantista ed europeista».
Bisogna considerare, infatti, che la Nato lo aveva già dichiarato: entro il 2024 tutti i paesi che fanno parte dell’Alleanza devo investire il 2% del Pil nelle spese militari. L'Italia aveva programmato quell' obiettivo per il 2027, ma l'attuale guerra in Ucraina non ha fatto altro che movimentare e velocizzare di più tale richiesta.
Al fine di moderare tali decisioni e poter scendere ad un giusto compromesso per le tasche italiane, verrà fissato un accordo per partito M5S con il presidente Draghi “già nelle prossime ore” – afferma il capogruppo della Lega, Riccardo Molinari.