Ogni sera è la stessa storia. Ragazzi e ragazze che si radunano in comitive, pronti a riversare nelle vene l'ennesimo bicchiere, l'ennesima bottiglia, senza saperne più il motivo. Crotone, città che dovrebbe essere sinonimo di rinascita, di orgoglio, di cultura, sta affrontando una sfida silenziosa ma devastante: la dipendenza da alcol. La normalità è diventata un bicchiere in più, un’orgia di bevute che non si ferma nemmeno davanti al collasso fisico.

Gli ospedali, a cominciare dall'Annunziata di Cosenza, registrano un numero crescente di casi legati all'abuso di alcol. Gente che, da una sera all'altra, si ritrova a chiedere aiuto ai sanitari, esausta e sfinita dalla dipendenza. Crotone, purtroppo, non è immune. Comitive di giovani, e non solo, che superano i propri limiti ogni weekend, bevendo fino a perdere conoscenza. La scena è sempre la stessa: gruppi di ragazzi che sembrano divertirsi, ma che in realtà stanno solo uccidendo se stessi, una bottiglia alla volta.

L'alcol come unica via di fuga

Il fenomeno sta diventando sempre più evidente nelle strade di Crotone, dove i giovani, frustrati e persi, ricorrono all’alcol come unica soluzione per sfuggire alla quotidianità che li schiaccia. La dipendenza non è più qualcosa di marginale, ma sta diventando un virus che si diffonde in ogni angolo della città. Le comitive si radunano nei parchi, nelle piazze, vicino ai bar, come se non potessero fare a meno di quella bottiglia che diventa una via di fuga da un presente senza prospettive.

Questa continua ricerca dell’ebrezza, del momento di apparente “liberazione”, maschera un malessere ben più profondo. Una città che si rifugia nell’alcol è una città che ha perso la bussola. Non c’è più spazio per il confronto sano, per la crescita, per il dialogo. Solo bottiglie che si svuotano, e cuori che si svuotano con esse. La dipendenza da alcol è diventata un fenomeno trasversale, che non riguarda più solo i giovani, ma anche adulti e persone che dovrebbero essere in grado di dare l’esempio.

La città a rischio: un futuro oscuro

L’allarme è concreto. Le ripercussioni sulla salute sono devastanti, ma le ferite più profonde sono quelle che non si vedono. Le ospedalizzazioni dovute agli eccessi alcolici sono in aumento, ma ciò che è ancor più preoccupante è il rischio di disgregazione sociale che un fenomeno come questo comporta. Se l'alcol diventa l’unico modo per sentirsi “vivi”, per stare insieme, per “essere felici”, cosa resta di una comunità?

I danni fisici sono noti a tutti. L’alcol è una delle principali cause di malattie gravi, come le cirrosi epatiche, i disturbi neurologici, e le malformazioni cardiache. Ma c'è anche un altro tipo di danno, molto più subdolo e pericoloso: quello psicologico. Le dipendenze non sono solo fisiche, ma intaccano anche l’autostima, la psiche, e la capacità di relazionarsi in modo sano con gli altri.

Ma c’è ancora speranza

Non tutto è perduto. Crotone ha il potenziale per invertire la rotta. Il cambiamento parte da ogni singolo cittadino, dalla consapevolezza che l’alcol non è la risposta ai problemi, ma la causa di molti dei nostri disagi. Le istituzioni, gli operatori sanitari, e le scuole devono fare la loro parte. È fondamentale aumentare la sensibilizzazione sulla dipendenza da alcol, offrire aiuto a chi ne ha bisogno, e lavorare sulla prevenzione. Crotone ha bisogno di spazi sani, di alternative, di luoghi dove i giovani possano crescere e confrontarsi senza dover ricorrere a una bottiglia.

La strada non è facile, ma se la comunità si unisce, se tutti – famiglie, scuole, associazioni – si mettono insieme, c’è davvero una possibilità di cambiare. Si può ancora fermare questa spirale di autodistruzione. La speranza c’è. Crotone può salvarsi, ma il cambiamento deve partire subito, e deve essere deciso.

L'alcol non è una soluzione. È il problema. E riconoscerlo è il primo passo verso la rinascita.