Traffico reperti archeologici, in prescrizione il processo 'Purgatorio 3'
Finisce in prescrizione il processo "Purgatorio 3" che vedeva figurare una serie di
imputati accusati, a vario titolo, di una presunta associazione
a delinquere finalizzata al traffico di reperti archeologici che
avrebbe operato in provincia di Vibo con sede in via Scrimbia,
nel cuore archeologico della città, dove era stato scavato un
cunicolo per trafugare i reperti archeologici di valore. Nel
febbraio del 2011 era quindi scattata l'operazione che portò al
sequestro del sito. Da allora sono passati oltre otto anni e il
reato associativo è oggi caduto definitivamente in prescrizione.
L'indagine è nata nel settembre del 2010 da una più ampia
attività condotta dalla sezione anticrimine del Ros di Catanzaro
nei confronti proprio del clan "Mancuso", egemone nel Vibonese.
Nel mirino degli inquirenti era quindi finita una presunta
associazione con base a Vibo ma operativa su un territorio
interregionale (tra Calabria e Campania) e all'estero (in
Svizzera). Il gruppo sarebbe stato dedito allo scavo ed alla
successiva commercializzazione di reperti, provenienti
principalmente dall'importante sito archeologico di "Scrimbia"
(del VII Sec. a.C.), area sacra dell'antica città di Hipponion,
denominazione dell'insediamento urbano della Magna Grecia che
sorgeva nell'area dell'attuale Vibo Valentia. Proprio in questa
zona, nel dicembre del 2010, i militari del nucleo Tpc di
Cosenza e del Ros di Catanzaro avevano individuavano uno scavo
clandestino, consistente in un vero e proprio tunnel lungo circa
40 metri, adeguatamente puntellato, dotato di prese di areazione
e di una pompa idrovora, che dal garage di una abitazione
privata conduceva nel sottosuolo del sito vincolato. Nella
galleria vennero rinvenuti migliaia di reperti fittili e varie
attrezzature occorrenti per le operazioni di scavo, sottoposte a
sequestro insieme al cunicolo. Nel corso degli anni era caduta
l'aggravante mafiosa e questo aveva notevolmente accorciato i
tempi di prescrizione. Tra gli otto imputati figurava anche il
defunto boss Pantaleone Mancuso, alias "Vetrinetta", ritenuto al
vertice del presunto sodalizio.