L'anziana madre osserva i movimenti di ruspe, escavatori e altri mezzi al lavoro pochi metri più in là.

Siamo a Borodyanka, cittadina ucraina a nord-ovest di Kiev divenuta tristemente nota da qualche giorno per essere stata teatro di alcuni degli episodi più cruenti perpetrati dai russi ai danni dei civili: quei veicoli in azione sono impegnati nella rimozione delle macerie di un palazzo residenziale semi-distrutto.

Uno dei tanti, nella cittadina non lontana dalla capitale ucraina.


"Il primo marzo, verso le 21.30, i fascisti del Cremlino sono volati qua sopra e hanno sganciato una bomba", racconta commossa all'Afp Antonina Kaletnyk, la madre di un uomo che abitava in quell'edificio. "Il suo appartamento è al terzo piano - conferma la donna -. Adesso aspetto che rimuovano le macerie. Non so, forse è riuscito a scappare, forse è ferito da qualche parte o forse è ancora lì sotto: non lo so, non posso dirlo. Non lo sento da un mese".

Antonina, la cui abitazione non è stata colpita durante i combattimenti, rimane lì, seduta a guardare, ancora fiduciosa. Lo si intuisce quando indica ciò che rimane dei fabbricati davanti a lei e distingue fra quelli dove, secondo le notizie che ha, sono tutti morti e quelli dove invece gli abitanti sono sopravvissuti, pur feriti. Ma come spiegare a una madre che le speranze di avere buone notizie in quelle condizioni sono davvero ridotte al lumicino? Svitlana Vodolaha, portavoce della Protezione civile locale, è realista: "Qui i bombardamenti si sono abbattuti tra la fine di febbraio e i primi di marzo. Se qualcuno è ancora sepolto fra le macerie, le possibilità di ritrovarlo vivo sono davvero scarse".