Che l’Italia non stia attraversando un buon momento, sotto diversi punti di vista a partire da quello economico, con il Mezzogiorno che è la porzione di territorio a farne maggiormente le spese, è fatto tristemente risaputo da anni ormai. Quanto, però, emerge dal Rapporto Svimez 2019 ha veramente dell’allarmante, non solo per il presente ma anche in vista del futuro. Da una serie di dati forniti, quello che risalta più agli occhi è un Sud che viene definito in “recessione”. Il fenomeno si sarebbe concretizzato in maniera corposa nel 2019, considerando un Pil stimato in calo dello 0.2%, a fronte dello +0.3% del Centro-Nord. In costante aumento anche il gap occupazionale tra Sud e Centro-Nord, tanto che nell’ultimo decennio è cresciuto da 19.6% a 21.6%, così come impressiona la crescita occupazionale nel primo semestre del 2019 che riguarda solo il Centro-Nord con un +137.000, contro il -27.000 del Sud. Praticamente andrebbero creati 3 milioni di posti di lavoro nel Mezzogiorno per riallinearsi con il resto della Nazione. E non finisce qui perché si stima che dall’inizio del nuovo millennio siano stati oltre due milioni i residenti meridionali ad emigrare, oltre la metà giovani fino ai 34 anni.

Questi dati evidenziano ancora una volta come tutti i governi nazionali degli ultimi venti anni abbiano di fatto ignorato le condizioni in cui si trova il sud e nulla sia stato fatto per valorizzare l’enorme potenziale delle nostre regioni. Una possibile soluzione allo stato in cui ci troviamo, per come per altro indicato nel rapporto Svimez, potrebbe essere puntare sul Sud come “piattaforma verde del Paese”. Una vera e propria Green New Deal con la bioeconomia meridionale che sarebbe valutabile tra i 50 e i 60 miliardi di euro. Prospettiva interessante, ma al momento lontana da una realtà che vede, come soluzione più immediata per chi sta al governo, l’erogazione del reddito di cittadinanza. Un provvedimento potenzialmente utile per sostenere un’ampia porzione di popolazione, ma che, per come dimostrano i dati, poco o nulla ha reso in termini di nuova occupazione. Chiaro, ad oggi, invece il forte divario tra le due aree del Paese con il Mezzogiorno sempre più abbandonato a se stesso. Una preoccupazione che cresce pensando all’ipotesi di autonomia differenziata immaginata da regioni come Lombardia e Veneto. Ipotesi che, per come ampiamente dimostrato anche dall’ultima inchiesta di Report, spezzerebbe il Paese in due senza alcuna possibilità di ricostruire una vera unità d’Italia.

L’Italia del Meridione sarà in prima linea per rilanciare l’azione delle regioni del sud partendo da alcuni punti fondamentali che non possono più essere esclusi dall’agenda di governo: l’attuazione piena del principio di riequilibrio territoriale sancito con la clausola del 34%, l’avvio di una forte perequazione infrastrutturale, la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei livelli essenziali di assistenza, un piano per l’accessibilità che garantisca pari opportunità di mobilità al sud come al nord, un piano straordinario per la sanità che consenta investimenti nelle strutture ospedaliere del sud e lo sblocco delle assunzioni. L’auspicio è che, a fronte anche di questi dati, i parlamentari eletti al sud abbiano un sussulto di dignità e si oppongano al più presto ad una deriva nordista che sta impoverendo le regioni del sud e rischia di mettere un macigno sulle possibilità di crescita dell’intero Paese.