Sale al 71% il numero delle imprese italiane che nel 2021 hanno investito in trasformazione digitale: boom soprattutto del cloud, fatture elettroniche, internet veloce e sicurezza informatica.

E’ il quadro che emerge dal rapporto Excelsior, ma al di là dei numeri generali l’innovazione avanza in modo frammentario, tra picchi di eccellenza e grandi sacche appena sfiorate dalla digitalizzazione.

Quel che serve è anche un cambio di mentalità, e più formazione, per cogliere le opportunità dalle trasformazioni in atto, spiega Alex Giordano, coordinatore del progetto PIDMed (https://www.pidmed.eu/), prototipo di Punto Impresa Digitale progettato dalla Camera di Commercio di Salerno e l’Università Federico II di Napoli, e direttore del programma di innovazione sociale e tecnologica Societing 4.0 (https://societing.org/) dell’Università Federico II.

“La trasformazione digitale sta procedendo velocemente – ha spiegato Giordano – e negli ultimi 2 anni la tecnologia connessa è diventata una parte ancora più essenziale della vita delle persone nell’ultimo anno, con social media, e-commerce, contenuti in streaming e videogiochi che hanno visto una crescita importante”. Uno sviluppo fotografato da tante analisi e da cui emerge però anche una forte frammentazione del tessuto imprenditoriale, in particolare nelle regioni del Sud, in cui spiccano imprese altamente tecnologizzate. “Ma per la maggior parte delle piccolissime imprese il 4.0 è ancora distante, anzi non siamo ancora alla fase 2.0 dell’innovazione”, ha aggiunto Giordano.

“Quello che manca, in generale, non sono le competenze tecnologiche, che alla fine sono facilmente acquisibili. Il primo problema – ha proseguito – è la mentalità cioè la capacità di capire che la trasformazione digitale non è la digitalizzazione. Non si tratta di comprare un computer ma di pensare in modo esponenziale. Capire in un sistema nel quale intelligenze umane e artificiali lavorano insieme cambia proprio la catena del valore. Ad esempio, un’azienda che fino ad oggi ha venduto scarpe potrebbe capire che la nuova svolta è vendere anche informazioni sui piedi delle persone”. Un problema di educazione evidenziato anche dagli altissimi livelli di disoccupazione giovanile dovuto al disallineamento tra le competenze cercate dai datori di lavoro e quelle possedute dai lavoratori.