Dopo il primo embrione umano sintetico ottenuto in laboratorio a partire da cellule staminali, procede a grandi passi la ricerca su queste strutture simili agli embrioni, chiamate embrioidi: per la prima volta in laboratorio cellule immature sono state guidate a organizzarsi in modo da imitare l'embrione umano mentre si sviluppa nell'utero.

A compiere il primo passo in questa linea di ricercaera stata la biologa Magdalena Żernicka-Goetz, che lavora fra l'Università britannica di Cambridge e il California Institute of Technology: dopo avere ottenuto nel 2022 il primo embrione di topo, a metà giugno la ricercatrice annunciava che il suo gruppo aveva ottenuto il primo embrioide umano, aprendo così la strada a ricerche fino ad allora impossibili.




Il suo risultato è ora pubblicato sulla rivista Nature

 

Adesso il gruppo americano dell'università di Yale guidato dalla biologa di origine turca Berna Sozen è andato avanti nella stessa direzione: ha descritto nello stesso numero di Nature un embrioide che si modifica in modo molto simile a quanto fa l'embrione umano dopo che si è impiantato nell'utero: un'altra missione impensabile fino a poco tempo fa e che ora permette di capire meglio le cause delle malattie scatenate da difetti dello sviluppo embrionale e di cercare terapie mirate.


Il gruppo di Sozen, del dipartimento di Genetica e del centro di ricerca sulle staminali di Yale, ha immerso in un liquido di coltura le cellule staminali pluripotenti, ossia cellule in grado di svilupparsi in numerosi tipi di cellule adulte.

 

In questo ambiente, le cellule immature hanno cominciato a organizzarsi in strutture tridimensionali dando origine sia agli embrioidi, sia alle strutture esterne all'embrione.

 

Tra queste non c'è la placenta: una scelta intenzionale dei ricercatori, volta a impedire agli embrioidi di svilupparsi fino alla fase fetale.

 

Le cellule hanno quindi continuato ad aggregarsi e a organizzarsi fino a raggiungere configurazione simile a quella di un embrione umano in una fase dello sviluppo che equivale al periodo compreso fra 9 e 14 giorni dalla fecondazione.

Essere riusciti a far sviluppare in laboratorio, insieme agli embrioni, anche alcune delle strutture esterne ne permettono la crescita nell'utero è una prima assoluta perché mai finora era stato possibile osservare il modo in cui questi diversi tessuti interagiscono e dialogano, o eventualmente quali problemi di comunicazione potrebbero avere.

"Dimostriamo che cellule umane pluripotenti possono essere spinte a organizzarsi in strutture tridimensionali che ripercorrono alcuni eventi chiave spazio-temporali dello sviluppo dell'embrione umano dopo l'impianto", scrivono i ricercatori nell'articolo.

 

La tecnica, osservano ancora, offre nuove opportunità per studiare le fasi dello sviluppo embrionale finora sconosciute e in più la possibilità di imitare in provetta quanto avviene nell'embrione che si è impiantato nell'utero.

 

Per la ricerca biomedica, osservano, si aprono nuove strade che potranno aiutare a superare i problemi etici legati alla ricerca sugli embrioni umani.