Vittima due volte, la gogna mediatica di Carol Maltesi, fatta a pezzi dal suo ex
Carol Maltesi è stata brutalmente fatta a pezzi e gettata in un dirupo dopo essere stata divisa in tre buste della spazzatura. Carol Maltesi, non Charlotte Angie. Una ragazza di 26 anni, non una pornostar. Nel ciclone delle notizie circolate in merito allo shoccante omicidio di Carol, sembrerebbe quasi si sia voluto spostare il riflettore sulla vita privata della donna, anziché sull’omicidio in sé, come se la sua carriera fosse un presupposto per poter calpestare la dignità della vittima e, conseguenzialmente, la sua immagine.
Carol Maltesi era una ragazza di 26 anni, figlia di un italiano e un’olandese. Originaria di Sesto Calende, in provincia di Varese, aveva un figlio di sei anni che viveva con l’ex compagno, a Verona. Prima studentessa, poi commessa nella boutique «Parfois», inizialmente allo scalo di Malpensa e, dopo il blocco dei voli, al centro commerciale di Rescaldina. La crisi economica causata dal lockdown ha spinto la ragazza ad aprire un profilo Onlyfans, piattaforma che permette la vendita di foto e video, per lo più senza veli. Nell’estate del 2020, la notorietà acquisita con il sito a pagamento, ha permesso alla ragazza di lanciarsi nel mondo dell’hard. Carol non nascondeva la sua vita, non provava vergogna, anzi, sperava che questo lavoro avesse potuto darle l’occasione e la possibilità economica di iniziare una nuova vita, fuori dall’Italia, per lei e suo figlio.
Vedeva il bambino ogni 15 giorni a seguito del trasferimento forzato a Rescaldina, dovuto ad un ricollocamento del personale della boutique nel periodo del lockdown. E’ proprio a Rescaldina che Carol prende casa nello stesso ubicato in cui vive il suo assassino: Davide Fontana. Il ruolo di Fontana nella vita di Carol non è ben chiaro. Direttore di banca e food blogger, dalle testimonianze emerse dalle colleghe e amiche della vittima, l’uomo la seguiva ovunque. La ragazza si fidava di lui: l’accompagnava in ogni luogo, erano sempre l’uno a casa dell’altro. Inizialmente avevano avuto una relazione, ma pare che, dopo la rottura, avessero continuato a mantenere buoni rapporti. Si occupava della realizzazione delle foto e dei video della ragazza e ne gestiva i profili social. Fontana era solito utilizzare l’auto della vittima, una Fiat 500, con cui ha successivamente trasportato il corpo della donna fatto a pezzi fino in Valcamonica. A seguito dell’assassinio di Carol, Fontana ha continuato ad utilizzare i contatti della ragazza per depistare le indagini.
Nel corso dell’udienza, Fontana giustifica il gesto come “un raptus” a seguito di “un gioco erotico”.
Questo è quanto reso noto dal Corriere della Sera in merito alla confessione di Davide Fontana, 43 anni, sull'omicidio di Carol Maltesi:
"Stavamo girando un filmino hard. Lei era legata, aveva un sacchetto in testa. Ho iniziato a colpirla con un martello su tutto il corpo, non forte. Poi quando sono arrivato verso la testa ho iniziato a colpirla forte, non so bene il perché. Non so cosa mi sia successo. Credo fosse già morta ma non sapendo che altro fare le ho tagliato la gola con un coltello da cucina". Inoltre, l'uomo ha confessato di averne smembrato il corpo "in tre giorni", di aver prima tentato di darle fuoco e infine di aver abbandonato i resti tra le montagne di Borno (Brescia) durante una vacanza in un hotel di Boario Terme.
Carol Maltesi era una mamma, aveva dei sogni, un viso sorridente, amava viaggiare. L’immagine “sporca” che le si è voluta attribuire, anche a seguito di un omicidio talmente aberrante, ci mette di fronte ad una realtà che pone, ancora una volta, la donna come un oggetto da vetrina, una bambola senza anima a cui viene inflitta l’ennesima lettera scarlatta.
Il sessismo nei media che rileviamo nelle titolazioni dei giornali in questi ultimi due giorni ha raggiunto picchi eclatanti, facendo luce su come, ancora, il femminicidio non sia del tutto compreso e, ancora una volta, si dia giustificazione alla violenza di uomini con evidenti disturbi. Uomini di cui, le donne vittime di femminicidio, spesso si fidano.
“Che il cadavere di una pornostar fatto a pezzi venga riconosciuto dai tatuaggi e non dal diametro del buco del cu*o non gioca a favore della fama della vittima”: sono state queste le parole di Diomede, il “comico” che ha voluto commentare la vicenda dell’omicidio di Carol. Una frase che ha spaccato il web in due, tra indignati e umoristi, rivelando come sia semplice ironizzare sulla vittima e non sul carnefice.
Due anni fa, sul suo profilo Instagram, Carol aveva pubblicato un video in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Durante la registrazione si nota la difficoltà di Carol nel trovare le giuste parole per esprimere, nel modo più semplice possibile, la necessità di liberarsi dal pregiudizio che le altre persone le infliggevano, anche solo nel suo ruolo di madre.
Un pensiero premonitore, probabilmente, della gogna mediatica a cui la sua morte è sottoposta, che la uccide per una seconda volta attraverso i titoli misogini dei giornali.