Dalla scuola di Arte culinaria del Cordon Bleu e il successo a Masterchef Ucraina al fronte.

In due settimane la vita dello chef Ievgen Klopotenko, 35 anni, è sottosopra. "Ora nel mio ristorante/rifugio a Kiev - racconta all'ANSA Levgen Klopogenko, unico ucraino nella lista "50 Next", i talenti del futuro prossimo in cucina - ci sono circa 30 persone, la metà per proteggersi dalle bombe, mentre gli altri cucinano per i militari. Poi dipende dai giorni, quando suonano le sirene il numero aumenta.

 

Per i primi tre giorni abbiamo utilizzato gli ingredienti stoccati nelle celle frigo, ora sono i fornitori che ci aiutano con quello che possono. Un giorno pollo, un altro orate congelate, a volte solo verdure… Non sappiamo cosa cucineremo domani, dipende da quello che ci viene fornito. I negozi sono quasi vuoti e il poco che si trova è destinato alla popolazione. E' già un problema trovare farina e cereali, perché sono i primi prodotti che tutta la gente ha accumulato in dispensa all'inizio degli attacchi. Il ministro dell'agricoltura sta cercando di ripristinare le forniture".

Contattato sui social, e grazie al rapporto consolidato con l'italiana Manuela Fissore, storica curatrice dei Presidi internazionali per gli eventi Slow Food, lo chef sottolinea che "abbiamo dovuto adattare il nostro modo di cucinare alle grandi quantità. Eravamo abituati alla cucina fine dining, menu creativi per poche persone ogni sera. Ora cuciniamo per migliaia di persone, i piatti devono essere gustosi e nutrienti, e devono restare caldi e buoni anche dovendoli trasportare. Vorrei che la comunità internazionale capisca chi siamo, che l'Ucraina esiste, che non siamo parte della Russia, abbiamo la nostra cultura, anche gastronomica. Quando tutto questo finirà, vorrei invitare tutti a vedere chi siamo, un Paese che non ha paura, che ha combattuto per difendere la propria libertà. Sto chiedendo a tutti gli chef internazionali di cucinare il Bortsch e di servirlo nel proprio ristorante, di postarlo sui social, perché è un piatto Ucraino. A volte basta poco, "Make Bortsch not War" ci aiuterebbe a sentirci meno soli - sottolinea infine Klopotenko - e ci farebbe sentire il sostegno dei nostri colleghi nel mondo".