Girifalco, il "Paese dei Pazzi": La Storia di Pino Astuto, Prigioniero per 35 Anni in Manicomio
La storia di Pino Astuto: 35 anni nel manicomio di Girifalco
Girifalco, piccolo comune in provincia di Catanzaro, porta con sé un passato intriso di dolore e ingiustizie legate all’ospedale psichiatrico che per anni ha ospitato oltre 1500 pazienti. Questo manicomio, uno dei più grandi d’Italia, ha trasformato Girifalco nel cosiddetto “Paese dei Pazzi”. La storia di Pino Astuto, un uomo rinchiuso in quella struttura per 35 anni senza che avesse mai sofferto di disturbi mentali, getta luce sulle atrocità e le ingiustizie che vi si consumavano.
Un’infanzia spezzata: il ricovero di Pino
La vicenda di Pino Astuto iniziò nel 1967, quando, all’età di otto anni, venne ricoverato all’ospedale psichiatrico di Girifalco. La sua “colpa” era stata quella di non essere tornato a casa con il pane che sua madre gli aveva chiesto di comprare. Preso dalla fame e dalla disperazione, aveva finito per mangiare quel pane e, una volta arrivato al mercato coperto per comprarne dell’altro, lo trovò chiuso. Trascorse la notte lì, senza possibilità di uscire. Il giorno successivo, fu ritrovato dalle guardie, che lo portarono in ospedale, dove gli venne fatta una lavanda gastrica. Senza alcuna comprensione delle sue condizioni, la madre ricevette una telefonata agghiacciante: “Vostro figlio non lo rivedrete più”.
Le prime ore nel manicomio e la consapevolezza della prigionia
All’arrivo al manicomio, Pino si trovò di fronte a una realtà terrificante. Si aspettava di essere messo insieme ai bambini della sua età, ma il più giovane degli altri pazienti aveva già trent’anni. In quella prigione nascosta sotto l’etichetta di “cura”, Pino fu accolto da grate e cancelli, segnando l’inizio di una vita di reclusione e di abusi psicologici e fisici. Quel pianto e quella disperazione che lo accompagnarono negli anni rimasero scolpiti in lui, e ogni giorno che passava diventava un incubo.
Gli abusi e le torture quotidiane
La prigionia di Pino nel manicomio di Girifalco fu costellata di violenze e punizioni che rappresentano alcune delle pagine più buie della storia psichiatrica italiana. Molti degli episodi che Pino ha raccontato sono semplicemente inimmaginabili: veniva spesso rinchiuso in stanze sporche, dove il pavimento era cosparso di urina e feci, e gli era negata ogni forma di igiene. A otto anni, troppo piccolo per trovare scarpe della sua misura, viveva senza protezione per i piedi, e anche i pochi capi di abbigliamento che possedeva venivano spesso rubati da altri pazienti.
Ma le violenze non si limitavano a una privazione di dignità; Pino racconta di essere stato sottoposto a punizioni atroci. In una delle sue testimonianze, descrive il “trattamento” con acqua e sale: venivano usati grandi bidoni riempiti di acqua calda e sale, dove venivano immersi lenzuola e camicie utilizzate poi per colpire i pazienti. Il sale bruciava la pelle, infliggendo dolori lancinanti. Pino parla di sangue ovunque, di volti e corpi segnati da ferite, una brutalità che difficilmente può trovare giustificazione.
La disumanità dei trattamenti e la solitudine
Durante la sua permanenza nel manicomio, Pino subì anche forme di isolamento estremo. Dopo aver tentato di scappare, un’azione disperata per sfuggire a quell’inferno, venne punito con cinque anni di isolamento in una stanza, come se fosse un carcerato. Per due anni, Pino racconta di essere stato legato al letto giorno e notte, un trattamento riservato solo a chi era considerato estremamente pericoloso. Ma lui era un bambino e, cosa ancor più incredibile, non soffriva di nessun disturbo psichiatrico.
In quel contesto di terrore, l’unica forma di umanità a cui Pino poté aggrapparsi fu il gesto di un paziente che lo considerava suo figlio e che, nelle occasioni in cui a Pino era negato persino il diritto di nutrirsi autonomamente, lo imboccava. Ma quel poco conforto non bastava a compensare il dolore e il trauma di anni passati nell’inferno del manicomio, privato della possibilità di vivere un’infanzia normale, di frequentare una scuola, di giocare e di essere amato.
Il manicomio di Girifalco e la Legge 180
La svolta nella vita di Pino arrivò con l’approvazione della Legge 180, nota anche come Legge Basaglia, che nel 1978 sancì la chiusura dei manicomi in Italia. Questa legge mirava a restituire dignità e diritti ai pazienti psichiatrici, ponendo fine a decenni di segregazione e abusi. Senza questa legge, Pino è certo che non sarebbe mai riuscito a uscire vivo dal manicomio. La chiusura dei manicomi, infatti, fu una vera e propria salvezza per molte persone che, come lui, non avevano mai dovuto trovarsi in quelle strutture.
Una libertà agognata, ma segnata dal dolore
Anche dopo la sua liberazione, Pino non è mai riuscito a lasciarsi alle spalle l’orrore vissuto. Una vita spezzata, un’infanzia cancellata e un’adolescenza mai vissuta. Gli anni più belli della sua vita erano stati inghiottiti dal manicomio. Nonostante sia riuscito a costruirsi una famiglia e una vita fuori dalle mura del manicomio, il passato rimane una ferita aperta. Pino ha cercato di trovare serenità dedicandosi ad attività creative, costruendo piccoli oggetti artigianali con materiali di riciclo.
Tuttavia, il dolore di quei ricordi non lo ha mai abbandonato, e Pino spesso si domanda come sia stato possibile che lui, un bambino senza alcun disturbo mentale, sia finito in un manicomio, subendo trattamenti inumani e degradanti. La sua storia rappresenta un’incredibile testimonianza della crudeltà che può nascere dall’incomprensione e dall’assenza di compassione per coloro che sono più vulnerabili.
L’eredità dei manicomi e il riscatto delle vittime
La storia di Pino Astuto è emblematica di un periodo storico che l’Italia ha cercato di lasciarsi alle spalle, ma che non può essere dimenticato. La chiusura dei manicomi ha rappresentato un passo fondamentale verso una società più giusta e rispettosa dei diritti umani, ma per coloro che vi sono stati rinchiusi ingiustamente, la liberazione non ha potuto cancellare il dolore e le ingiustizie subite.
Oggi, molti ex pazienti psichiatrici come Pino continuano a vivere con le cicatrici fisiche ed emotive di quegli anni di isolamento e di abusi. La battaglia per ottenere un riconoscimento e un risarcimento da parte dello Stato rappresenta per alcuni di loro un’ultima speranza di giustizia e di pace. Pino sogna ancora di essere risarcito, di ricevere un sostegno che gli permetta di lasciare Girifalco e di ricominciare altrove.
Una lezione da non dimenticare
La vicenda del manicomio di Girifalco e la storia di Pino Astuto ci ricordano l’importanza di tutelare i diritti e la dignità di tutti, specialmente dei più deboli. L’abuso di potere, la violenza e la segregazione non devono mai trovare spazio in una società civile, e le esperienze di chi ha vissuto l’inferno dei manicomi devono essere custodite come monito per le generazioni future.
Oggi, Girifalco cerca di scrollarsi di dosso l’etichetta di “Paese dei Pazzi”, ma la memoria di quel passato rimane viva nelle storie di chi è sopravvissuto. Storie come quella di Pino Astuto sono una testimonianza preziosa e necessaria per costruire una società che, anziché isolare e punire, sappia accogliere e proteggere i suoi membri più vulnerabili.