In Italia si prevede un aumento dei casi di Covid-19 del 3,9% nei prossimi 30 giorni, con una crescita progressiva quasi di tipo lineare, ossia “a incrementi approssimativamente costanti”.

E’ quanto indicano le analisi dello lo statistico Livio Fenga, senior lecturer del Centro di analisi, simulazione e modelli dell'università britannica di Exeter. ”Nei prossimi 30 giorni si prevede un incremento dei casi di Covid-19 non esplosivo, ma che tenderà a seguire un trend stabile a livello nazionale”.


“La media nazionale – rileva – nasce perciò dalla presenza di regioni che trainano la crescita, regioni virtuose e regioni che mostrano incrementi tutto sommato lievi, come la Toscana (6,6%) o la Puglia (0,38%).


Una crescita quasi lineare e non esplosiva grazie all’effetto dei vaccini e dalla quale emerge che alcune delle regioni trainanti, come Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Calabria, sono anche quelle in cui sono state fatte meno vaccinazioni”.


L’invito dell’esperto è a “non abbassare la guardia” perché sarebbe sufficiente la comparsa di una nuova variante a trasformare la crescita da lineare in esponenziale”.




L’incremento maggiore, di ben 90,23%, si prevede nel Veneto, “verosimilmente a causa della vicinanza della regione al confine”, con un aumento dei casi dai 49.259 registrati l’8 marzo a circa 93.687 per l’8 aprile.




Più contenuto l’incremento previsto in Lombardia, pari al 19.48 %, con un aumento di casi dagli 111.594 dell’8 marzo a 133.337 per l’8 aprile. In Emilia Romagna l’incremento previsto è del 16.68% (da 27.357 a 31.919 casi), in Calabria è del 14,00% (da 48.035 a 54.761 casi).




Altri incrementi significativi sono segnalati da Fenga nella provincia autonoma di Trento (da 2.840 a 3.230, con un aumento del 13,74%), in Sicilia (da 226.472 a 247.350, con un aumento del 9,22 %), in Valle d’Aosta (da 1.322 a 1.439.322, con un aumento 8.87%).




Sono invece in controtendenza Lazio, Marche e Sardegna, dove di prevede una riduzione dei casi entro un mese. I dati di Fenga indicano per il Lazio una riduzione del 48,62% (da 104.211 a 53.547), per le Marche del 18,57% (da 14.352 a 11.687) e per la Sardegna dell’11,74% (da 24.426 a 21.558).