“Lo stupro riconosciuto come crimine contro l’umanità”: la mozione approvata dal Senato
“Donne vittime di violenza, voi non siete sole”: sono le parole di forza che Nadia Murad, attivista per i diritti umani irachena, ha esposto in merito all’appello lanciato per il riconoscimento dello stupro come crimine contro l’umanità, con l'obbiettivo di smuovere in maniera concreta questa piaga disumana a cui bambine, ragazze e anziane sono costrette a prostrarsi sole, vittime due volte, dagli aggressori e dalla giustizia.
L’orrore che la guerra sta provocando nasconde una piaga dolorosa e profonda che costituisce la violenza sessuale riferita alle donne come strumento di predominio, lasciandole vittime di un sistema patriarcale che continua a sfondare ogni diritto, rubando la dignità e imponendo la distruzione. Questo appello ha messo in luce come la violenza sessuale debba essere riconosciuto come “atto di natura genocidaria “ e necessita di una pena più severa. La questione ha toccato particolarmente la sensibilità di Murad, già impegnata al sostegno delle vittime di abuso, che ha vissuto sulla propria pelle l’atrocità dell’abuso quando, nel 2014, venne rapita e torturata con altre donne della minoranza yazida in Iraq.
Tra le righe della storia che descrivono guerre di uomini, si cela la silente gogna a cui le donne hanno dovuto – per secoli – sottostare, rassegnate da un destino che sin da bambine le ha assoggettate a un volere estraneo a loro, ad una passività che le ha rese, non solo vittime, ma anche succubi, come se lo stupro fosse “un effetto collaterale” delle invasioni e dei conflitti. La stigma patriarcale che affonda la carne e il pensiero delle donne non deve più essere un fenomeno normalizzato e in qualche modo “giustificato”
La voce di Murad arriva fino alle orecchie del Senato italiano che - su iniziativa della Commissione speciale per i diritti umani - ha approvato all’unanimità una proposta che chiede l’impegno a riconoscere lo stupro come crimine contro l’umanità e giudicarlo come tale di fronte alla Legge.
Esso costituisce un importante passo per ciò che concerne i diritti delle donne, e si spera costituisca un trampolino di lancio e uno spunto per quei Paesi nei quali – ancora ad oggi – il genere femminile viene declassato e immobilizzato, privandone i diritti, senza nessuna possibilità di rivalsa.
L’orrore che la guerra sta provocando nasconde una piaga dolorosa e profonda che costituisce la violenza sessuale riferita alle donne come strumento di predominio, lasciandole vittime di un sistema patriarcale che continua a sfondare ogni diritto, rubando la dignità e imponendo la distruzione. Questo appello ha messo in luce come la violenza sessuale debba essere riconosciuto come “atto di natura genocidaria “ e necessita di una pena più severa. La questione ha toccato particolarmente la sensibilità di Murad, già impegnata al sostegno delle vittime di abuso, che ha vissuto sulla propria pelle l’atrocità dell’abuso quando, nel 2014, venne rapita e torturata con altre donne della minoranza yazida in Iraq.
Tra le righe della storia che descrivono guerre di uomini, si cela la silente gogna a cui le donne hanno dovuto – per secoli – sottostare, rassegnate da un destino che sin da bambine le ha assoggettate a un volere estraneo a loro, ad una passività che le ha rese, non solo vittime, ma anche succubi, come se lo stupro fosse “un effetto collaterale” delle invasioni e dei conflitti. La stigma patriarcale che affonda la carne e il pensiero delle donne non deve più essere un fenomeno normalizzato e in qualche modo “giustificato”
La voce di Murad arriva fino alle orecchie del Senato italiano che - su iniziativa della Commissione speciale per i diritti umani - ha approvato all’unanimità una proposta che chiede l’impegno a riconoscere lo stupro come crimine contro l’umanità e giudicarlo come tale di fronte alla Legge.
Esso costituisce un importante passo per ciò che concerne i diritti delle donne, e si spera costituisca un trampolino di lancio e uno spunto per quei Paesi nei quali – ancora ad oggi – il genere femminile viene declassato e immobilizzato, privandone i diritti, senza nessuna possibilità di rivalsa.