Dopo l'isolamento del virus "si può procedere con le ricerche su nuove molecole antivirali", anche se il vaiolo delle scimmie rimane una malattia "non grave, che non minaccia letalità se non in casi rarissimi di persone fragili o immunocompromesse. Ma non ci sono terapie mirate".

Lo ha detto Maria Rita Gismondo, la direttrice del laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano che ieri ha isolato il 'monkeypoxvirus', responsabile del vaiolo delle scimmie attualmente presente in Europa.

I sintomi, ha aggiunto Gismondo, "sono il mal di testa, pustole doloranti. Qualcuno ha avuto uno due giorni di febbre alta, altri no". Ma al momento, anche se "qualche antivirale ha mostrato una buona attività, non c'è una molecola diretta contro questo virus. Ora potremo saggiarne nuove che possono essere efficaci per prevenire l'infezione". Ad ogni modo "non stiamo parlando del quadro che ricordiamo del virus del vaiolo dell'uomo", si tratta spesso "di poche pustole sulla schiena, arti o viso che nel giro di una settimana si seccano e si ha la guarigione".

Vaiolo scimmie: Gismondo(Sacco), campagna vaccini non giustificata


'Al massimo somministrazioni mirate a sanitari-laboratori'
Contro il vaiolo delle scimmie "non credo neanche che si possa chiamare campagna di vaccinazione", al massimo si può parlare di somministrazioni "mirate", per esempio, al personale "che ha avuto un incidente di laboratorio o durante la cura di un paziente. Ma né il numero dei casi né il tipo di malattia giustifica una campagna vaccinale". Lo ha detto all'ANSA Maria Rita Gismondo, la direttrice del laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano che ieri ha isolato il 'monkeypoxvirus', responsabile del vaiolo delle scimmie attualmente presente in Europa.

"Quello che abbiamo tracciato - ha aggiunto - si riferisce o a soggetti che hanno partecipato a un evento nelle Canarie o a residenti in Paesi europei che al ritorno dalle Canarie con queste persone hanno avuto stretti contatti, soprattutto di tipo sessuale". Adesso, quindi, "se riusciamo a informare bene i soggetti a rischio e le persone che hanno avuto stretti contatti - ha concluso - sicuramente possiamo limitare" la situazione.