Emergenza covid19: Doc/it e CNA Cinema e Audiovisivo scrivono una lettera aperta alla Rai
Claudia Pampinella, presidente di Doc/It Associazione Documentaristi Italiani, e Gianluca Curti, presidente di CNA Cinema e Audiovisivo, scrivono una lettera aperta ai vertici Rai (all’Amministratore Delegato Fabrizio Salini, al Presidente Marcello Foa, al Consiglio di amministrazione composto da Rita Borioni, Beatrice Coletti, Igor De Biasio, Riccardo Laganà, Giampaolo Rossi, alla Commissione di Vigilanza RAI – presieduta da Alberto Barachini, all’ AGICOM – presieduta da Angelo Marcello Cardani) e al Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ministro Roberto Gualtieri, al Ministero dello Sviluppo Economico, Ministro Stefano Patuanelli, al Sottosegretario On. Alessandra Todde, al MIBACT- Ministro Dario Franceschini e al sottosegretario On. Anna Laura Orrico).
"Apprendiamo con sgomento che nel momento di massima difficoltà attraversato dal Paese il CDA RAI ha deciso all’unanimità di sospendere la riorganizzazione aziendale rimandandola a tempi migliori. Doc/it Associazione Documentaristi Italiani e CNA Cinema e Audiovisivo, a nome dell’intera filiera dell’audiovisivo, chiede con forza a RAI di rispettare le quote di investimento nella produzione indipendente espressamente previste dalla legge Franceschini e dal Contratto di Servizio 2018-2022. In un momento in cui il Governo italiano, i Ministeri competenti, il MIBACT e Luce Cinecittà stanno tutti facendo la loro parte per sostenere il settore dell’audiovisivo duramente colpito dall’impatto dell’epidemia di COVID-19, RAI in assoluta controtendenza decide di tirare i remi in barca bloccando piano industriale e budget. Intanto in Europa le televisioni pubbliche dei vari paesi si sono impegnate a dare il loro contributo per sostenere la produzione indipendente. È notizia di oggi che il servizio pubblico franco-tedesco ARTE ha deciso di aumentare l’apporto finanziario ai contratti in corso e a quelli futuri del 15% per compensare almeno in parte la difficoltà del momento.RAI invece si chiude nell’immobilismo, insensibile ad uno dei suoi compiti istituzionali. Quello appunto di sostenere e rilanciare la produzione indipendente.
Ma c’è di peggio. All’interno del variegato settore della produzione indipendente che comprende generi diversi come il cinema, la fiction, l’animazione, ce n’è uno, quello del documentario, che aspetta da 20 anni la fine di una assurda discriminazione perpetrata da RAI, che – caso unico tra i servizi pubblici d’Europa (e forse del mondo) non prevedeva congrue quote di investimento e programmazione. L’azienda del servizio pubblico radiotelevisivo sembrava finalmente obbligata, con il varo della legge Franceschini, che prevede stringenti quote di investimento e programmazione del documentario, a rispettare questi obblighi, richiamati anche dal Contratto di Servizio RAI. Obblighi che tra l’altro porterebbero notevoli vantaggi per l’azienda e la produzione indipendente, così come dimostrato dall’esperienza della fiction italiana. Il recente varo del nuovo piano industriale e la creazione della Direzione e Produzione Documentari con mansioni e finanziamenti simili a quelli degli altri servizi pubblici europei e la nomina del suo direttore nella persona di Duilio Giammaria ci avevano illuso che Il documentario italiano avesse finalmente lo spazio e l’attenzione che merita al pari degli altri generi televisivi. E invece no. Indietro tutta. Ancora una volta, a due anni dall’entrata in vigore del nuovo Contratto di Servizio (marzo 2018) e a tre anni dalla legge Franceschini (gennaio 2017), non è dato sapere quale sia stato l’investimento di RAI nella produzione indipendente e in particolare nel documentario, così come la legge e il contratto di servizio impongono. E quali siano i piani per il futuro in un momento in cui l’infausta cancellazione di eventi sportivi, a cominciare dalle Olimpiadi previste per l’estate 2020 libera ingenti risorse finanziarie che possono essere indirizzate su un settore in grave sofferenza, riequilibrando peraltro gli obblighi di investimento verso la produzione indipendente. È di questi giorni l’indicazione che viene dall’Europa stessa, e dai vertici dello Stato, a liberare tutte le risorse necessarie per una forte ripartenza delle industrie strategiche italiane; e l’audiovisivo si conferma essere tra queste. Di fronte al tradimento della missione di servizio pubblico di RAI e alla palese violazione degli obblighi previsti dalla legge Franceschini, le associazioni di categoria che rappresentano la produzione indipendente e la filiera del documentario chiedono ad AGICOM, al MiBACT, al MISE, alla Commissione di Vigilanza di obbligare RAI al rispetto delle quote di investimento e programmazione e di procedere immediatamente alla completa ed operativa riorganizzazione delle direzioni".
"Apprendiamo con sgomento che nel momento di massima difficoltà attraversato dal Paese il CDA RAI ha deciso all’unanimità di sospendere la riorganizzazione aziendale rimandandola a tempi migliori. Doc/it Associazione Documentaristi Italiani e CNA Cinema e Audiovisivo, a nome dell’intera filiera dell’audiovisivo, chiede con forza a RAI di rispettare le quote di investimento nella produzione indipendente espressamente previste dalla legge Franceschini e dal Contratto di Servizio 2018-2022. In un momento in cui il Governo italiano, i Ministeri competenti, il MIBACT e Luce Cinecittà stanno tutti facendo la loro parte per sostenere il settore dell’audiovisivo duramente colpito dall’impatto dell’epidemia di COVID-19, RAI in assoluta controtendenza decide di tirare i remi in barca bloccando piano industriale e budget. Intanto in Europa le televisioni pubbliche dei vari paesi si sono impegnate a dare il loro contributo per sostenere la produzione indipendente. È notizia di oggi che il servizio pubblico franco-tedesco ARTE ha deciso di aumentare l’apporto finanziario ai contratti in corso e a quelli futuri del 15% per compensare almeno in parte la difficoltà del momento.RAI invece si chiude nell’immobilismo, insensibile ad uno dei suoi compiti istituzionali. Quello appunto di sostenere e rilanciare la produzione indipendente.
Ma c’è di peggio. All’interno del variegato settore della produzione indipendente che comprende generi diversi come il cinema, la fiction, l’animazione, ce n’è uno, quello del documentario, che aspetta da 20 anni la fine di una assurda discriminazione perpetrata da RAI, che – caso unico tra i servizi pubblici d’Europa (e forse del mondo) non prevedeva congrue quote di investimento e programmazione. L’azienda del servizio pubblico radiotelevisivo sembrava finalmente obbligata, con il varo della legge Franceschini, che prevede stringenti quote di investimento e programmazione del documentario, a rispettare questi obblighi, richiamati anche dal Contratto di Servizio RAI. Obblighi che tra l’altro porterebbero notevoli vantaggi per l’azienda e la produzione indipendente, così come dimostrato dall’esperienza della fiction italiana. Il recente varo del nuovo piano industriale e la creazione della Direzione e Produzione Documentari con mansioni e finanziamenti simili a quelli degli altri servizi pubblici europei e la nomina del suo direttore nella persona di Duilio Giammaria ci avevano illuso che Il documentario italiano avesse finalmente lo spazio e l’attenzione che merita al pari degli altri generi televisivi. E invece no. Indietro tutta. Ancora una volta, a due anni dall’entrata in vigore del nuovo Contratto di Servizio (marzo 2018) e a tre anni dalla legge Franceschini (gennaio 2017), non è dato sapere quale sia stato l’investimento di RAI nella produzione indipendente e in particolare nel documentario, così come la legge e il contratto di servizio impongono. E quali siano i piani per il futuro in un momento in cui l’infausta cancellazione di eventi sportivi, a cominciare dalle Olimpiadi previste per l’estate 2020 libera ingenti risorse finanziarie che possono essere indirizzate su un settore in grave sofferenza, riequilibrando peraltro gli obblighi di investimento verso la produzione indipendente. È di questi giorni l’indicazione che viene dall’Europa stessa, e dai vertici dello Stato, a liberare tutte le risorse necessarie per una forte ripartenza delle industrie strategiche italiane; e l’audiovisivo si conferma essere tra queste. Di fronte al tradimento della missione di servizio pubblico di RAI e alla palese violazione degli obblighi previsti dalla legge Franceschini, le associazioni di categoria che rappresentano la produzione indipendente e la filiera del documentario chiedono ad AGICOM, al MiBACT, al MISE, alla Commissione di Vigilanza di obbligare RAI al rispetto delle quote di investimento e programmazione e di procedere immediatamente alla completa ed operativa riorganizzazione delle direzioni".