Il meccanismo che porta a generare terremoti in corrispondenza di aree geotermiche sfruttate industrialmente, con l'immissione di acqua in profondità, è stato ricreato per la prima volta in laboratorio, grazie a un programma di ricerca condotto dal Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Padova e dal centro di eccellenza China Earthquake Administration di Pechino.

 

Gli esperimenti, compiuti con una macchina sperimentale - ne esiste solo un esemplare gemello, a Pechino - hanno confermato il ruolo chiave rivestito nel combinato geotermia-terremoto dallo stato fisico dell'acqua (supecritico e liquido o gassoso).

 

"Queste osservazioni sperimentali - afferma Wei Feng, l'autore della studio - spiegano diverse caratteristiche della sismicità osservata in campi geotermici, tra cui la profondità degli ipocentri. Questi ultimi sono spesso situati proprio alla profondità in cui si stima che l'acqua passi dalla fase supercritica (condizione in cui le faglie della terra 'scivolare' senza produrre terremoti) a quella di vapore (qui le faglie si bloccano, caricandosi di energia elastica poi rilasciata durante i terremoti).

 

Questo meccanismo, spiega Feng, "mostra che l'attrito (o resistenza allo scivolamento) delle rocce cambia anche in funzione dello stato fisico dell'acqua. In particolare, la resistenza delle faglie sperimentali raddoppia quando l'acqua passa dallo stato supercritico e liquido allo stato di vapore".

 

Se questo risponde all'esigenza di sfruttare in futuro con maggior sicurezza i campi geotermici, un problema analogo riguarda la sismicità naturale, spesso associata alla migrazione di fluidi nella crosta terrestre. Tuttavia molto poco si sa di come nascono e si propagano i terremoti; tra le ragioni vi è appunto la difficoltà di riprodurre in laboratorio il comportamento delle rocce e delle faglie durante il ciclo sismico.